sabato 1 novembre 2014

Dianne Reeves: "Marvin Gaye e Davis i maestri ma con Clooney fu bellissimo"

Dianne Reeves: "Marvin Gaye e Davis i maestri ma con Clooney fu bellissimo"A QUARANT'ANNI dalle prime esibizioni alla George Washington high school di Denver, la ragazza che aveva amato Ella Fitzgerald grazie allo zio, oggi è una delle poche top singer in ambito jazz, ha quattro Grammy appesi alle pareti di casa e ha appena pubblicato un album, Beautiful Life, in cui si cimenta su brani di Marvin Gaye, Bob Marley, Fleetwood Mac e Ani DiFranco. "Amo le loro canzoni, fanno parte della mia storia personale  -  dice Dianne Reeves, che sabato sarà al Blue Note per la sua unica data italiana  - E poi è una caratteristica del jazz riprendere canzoni popolari portandole nel nostro ambito.

Miles Davis rifece Time after time di Cyndi Lauper". Cinquantotto anni e venti dischi pubblicati, la Reeves è l'unica interprete ad avere vinto il Grammy come miglior cantante jazz per tre anni consecutivi. L'ultimo, nel 2006, lo ha ricevuto grazie alla colonna sonoraper Good Night, and Good Luck di George Clooney. "Fu un'esperienza meravigliosa, non solo perché il film era davvero notevole, ma perché George aveva un grande rispetto per i musicisti. La prima volta che sono arrivata sul set ero convinta che volesse farci suonare in playback, invece ci ha detto che eravamo fondamentali, come gli attori, e dovevamo comportarci come tali, anche durante l'esecuzione dei brani. Ho un bellissimo ricordo".

Lei spesso viene indicata come una delle ultime grandi dive del jazz moderno. Chi è il suo riferimento?
"Non c'è una sola cantante o vocalist che possa indicare come modello. Crescendo però, ricordo di essere rimasta sempre molto impressionata dagli artisti che avevano il loro suono: unico, riconoscibile, inimitabile. Ascoltavi Miles Davis, o Clifford Brown, e sapevi che quella era la loro tromba. Non poteva essere di nessun altro: sopra c'era il loro marchio".

Come ha visto cambiare la scena? In meglio o in peggio?
"Del passato rimpiango il fatto che non esistessero confini tra generi, non c'erano limiti, la gente andava a un concerto di Miles e poi da Ravi Shankar, ascoltava funk e jazz, pop e rock. Adesso ci sono solo due generi: la musica molto popolare e quella che vive nell'underground. Ma non condivido il pessimismo: ci sono artisti meravigliosi in giro, basta scoprirli".

Tra le canzoni in scaletta, oltre a "Waiting In Vain" di Bob Marley, c'è anche "32 Flavors" di Ani Di Franco. Come mai?
"Amo le canzoni che scrive Ani  -  anche se sembra lontana dal mio mondo  -  e il modo in cui le interpreta. Ne ho sempre apprezzato lo spirito indipendente e come canta la sua femminilità".

Nel disco c'è anche "I Want You" di Marvin Gaye.
"Perché ho imparato molto ascoltando Marvin Gaye, il suo modo di esprimere le emozioni attraverso il canto. Ha raggiunto uno dei livelli più alti mai toccati da un cantante, e per un semplice motivo: non aveva paura di lasciar trasparire ciò che provava attraverso le sue corde vocali. E si sente ancora oggi riascoltando i suoi pezzi".

Che cosa significa cantare per lei? Potrebbe vivere senza?
"Forse sì, in fondo la mia voce è solo il modo attraverso cui riesco

 a esprimere me stessa. Cantare per me significa essere libera, dare voce a ciò che ho dentro di me, ma se non potessi più cantare, allora probabilmente troverei un altro modo per esprimermi e sarei felice ugualmente".

Negli anni Ottanta ha affiancato come corista Harry Belafonte in molti tour. Che cosa le ha insegnato?
"A prepararmi molto bene prima di salire su un palco e a fidarmi sempre del mio istinto. Qualunque cosa succeda". fonte


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