
martedì 17 giugno 2014
Cinema, esce il docu su ‘Alborosie’: Marley italiano che incanta la Giamaica
“Il reggae è la mia energia, quando l’ho trovata non ho più potuto farne a meno”. È un amore corrisposto quello tra Alberto d’Ascola, l’italiano, e la musica caraibica, che lo ha trasformato in ‘Alborosie il giamaicano’. Protagonista del film documentario“Journey to the Jah” presentato al Festival di Berlino nel 2013 e da oggi nei cinema italiani, in cui ripercorre il viaggio spirituale che lo ha portato a eleggere la Giamaica sua prima casa, Alborosie è uno dei pochi artisti reggae europei ad essere apprezzati anche nel paese che ha dato i natali a Bob Marley. Per raccontare chi è Alborosie, l’italiano convertito al rastafarismo e una vita dedicata al reggae, bisogna partire dal nome. Il suo alter ego, coniato al suo arrivo in Giamaica, inizia con Al, come Alberto. “Borosie” invece è un nomignolo che gli hanno affibbiato appena sbarcato sull’isola per fare reggae. “Non ho mai saputo che cosa volesse dire, probabilmente nulla, so solo che era un po’ dispregiativo. Mi sono accorto che le due parti, insieme, suonavano bene, così sono diventato Alborosie”. Prima, però, c’era solo Alberto D’Ascola, un ragazzo lombardo con un tocco di meridione, nato a Marsala, ma cresciuto tra Milano eBergamo, dove ha fondato nel 1992 la sua prima band, i Reggae National Tickets. Dopo quasi 20 anni in Giamaica, Alborosie continua a descriverla come se ci fosse arrivato ieri. “La Giamaica è una terra che ti accoglie e ti trascina, un luogo selvaggio ma molto moderno a modo suo, che fa sentire libero”. Ad ascoltarlo, sembra che parlare italiano sia l’unico dettaglio che ancora lo lega al suo paese d’origine che, ammette lui stesso, non gli manca: Lì, del resto, ha trovato la sua dimensione di artista e il suo sound, che Alborosie descrive con una parola: “Analogico, old school, le mie influenze sonore vengono dal soul e dal r’n’b”. Per la propria musica, la sua voglia è quella di ogni cantautore: un palco più grande e un pubblico sempre più ampio. “Ho un ego da artista, e lavoro perchè il mio modo di esprimermi e quello che ho da dire arrivi il più lontano possibile”. Quello per la Giamaica, dunque, è un biglietto di sola andata. Il viaggio che lo ha portato lì è stato lungo, tra spiritualità e ricerca di libertà, innamoramento iniziale poi ricambiato anche dal Paese caraibico e i suoi abitanti, è stato immortalato invece in “Journey to the Jah” di Giulia Merlo fonte

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