mercoledì 28 maggio 2014

Chi ha ragione tra Giovanardi e Bob Marley?

Di cannabis non è mai ancora morto nessuno e, stando alle ultimissime pubblicazioni in merito, risolverebbe molti più problemi di quanti ne creerebbe

Quando lessi che la Corte di Cassazione si era espressa affermando l’incostituzionalità della legge Fini-Giovanardi sulle droghe, il 12 febbraio scorso, ho sperato che fosse giunto il momento anche per l’Italia quantomeno di aggiornare la propria normativa in merito ad una delle questioni più controverse e ambigue di sempre.
Il vuoto legislativo procurato dalla sentenza della Cassazione doveva essere riempito e, sull’onda della crescente tendenza registrata già in molti altri Paesi di tutto il mondo, sarebbe potuta essere l’occasione per mettere in condizione i 3,5 milioni di italiani che fanno uso (terapeutico e non) di cannabis per sperare in uno spiraglio nel muro del proibizionismo fatto spesso solo di disinformazione, pregiudizio e interessi.
Questo ci si aspettava dal DL Renzi-Lorenzin, ribattezzato “il DL droghe”, che 12 giorni fa è stato approvato al Senato (grazie anche alla fiducia posta sul voto dal Governo), un’apertura che invece sa tanto di contentino, anche se qualcosa è cambiato (nel link un completo resoconto delle differenze tra la precedente norma la cosiddetta Fini-Giovanardi, dichiarata incostituzionale, e l’attuale).
A bocca asciutta stanno rimanendo anche i quasi venticinquemila detenuti nelle carceri italiane che stanno scontando una pena per possesso di cannabinoidi ai quali la decadenza della vecchia legge avrebbe potuto dare la possibilità di una rimodulazione della pena (che non avrebbe più avuto implicazioni penali ma solo amministrative) e prodotto uno svuotamento degli istituti di detenzione della penisola che, come si legge inquesto interessante articolo del Fatto, sono tra i più sovraffollati d’Europa (sempre nello stesso articolo troverete, oltre al dato sull’affollamento delle carceri, anche quanto costa ogni detenuto allo Stato italiano).
Mentre si allunga, mese dopo mese, la lista degli Stati americani in cui è possibile reperire la cannabis e i suoi derivati per uso medico (e in due di questi anche ricreativo) e l’Uruguay di Mujica sale in cattedra e insegna al resto del mondo come buttare la malavita fuori dal mercato della cannabis vendendola di Stato ad un prezzo più basso, in Italia è ancora alta la percentuale di persone che non sono al corrente dei danni che le politiche proibizioniste hanno arrecato.
Vent’anni qui (e cinquanta in America) di repressione nei riguardi della cannabis non hanno mai prodotto gli effetti sperati e più autorevoli pareri, come Umberto Veronesi per MicroMega di Repubblica, si sono espressi al riguardo, ma la politica italiana resta ancora sorda al bisogno di cambiamento e aggiornamento sebbene persino l’ONU si sia pronunziata in merito. Come sembrano non avere valore le esperienze dei sempre più in tutto il mondo che al giorno d’oggi scelgono di curarsi con la cannabis e i suoi derivati che, stando alle ultimissime pubblicazioni scientifiche in merito, risolvono molti più problemi di quanti l’opinione diffusa delle persone imputino ad esse. Sembra quasi provenire da un libro di fiabe per bambini la storia di Charlotte, che da mesi fa il giro del web, la bimba affetta da epilessia mioclonica grave dell’infanzia e che può condurre una esistenza quasi normale, libera derivanti dalla sua sindrome grazie al padre e alla cannabis che lui stesso coltiva per lei.
Ancora più sconfortante è la mancanza di informazione di cui questo argomento è vittima: la pianta di canapa (e spero che non ci sia bisogno di specificare che cannabis, canapa e Marijuana sono la stessa cosa) vive una discriminazione che non merita affatto in virtù dei tanti usi che se possono fare: un esempio lampante e a noi vicinissimo è la recente scelta di piantare ettari di cannabis nella zona di Acerra, in piena Terra dei Fuochi, per la capacità della canapa di purificare e pulire il terreno in cui viene piantata (ovviamente il link qui).
Lungi dal voler diventare in questa sede ‘l’avvocato del diavolo”, va detto che se attualmente tra l’Italia e gli altri Stati dell’Unione Europea e del mondo esiste una differenza abissale sulle politiche di regolamentazione delle droghe leggere, e della cannabis in particolare, la colpa è in misura anche dei cittadini i quali,davanti ad un argomento che si apre a così numerose implicazioni in tutti i campi (dalla salute, all’ordine pubblico, passando per la più scontata libertà di azione e di pensiero: perché posso acquistare alcool e sigarette legalmente nonostante i comprovati danni che provocano all’organismo e non la cannabis?), non hanno la furbizia di considerare l’esistenza di un’altra via diversa dal proibizionismo e di dare una chance ad una pianta che evidentemente ha molte cose da dire e fare per l’uomo.
Vi lascio con un ultimo dato statistico: all’anno al mondo muoiono 6 milioni di persone per danni e malattie derivate dal consumo di sigarette e 2,5 per il consumo di alcool. Di cannabis non è mai ancora morto nessuno. fonte

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